C’è davvero bisogno di una Teoria Generale per l’Intelligence delle Fonti Aperte? E se si, al di fuori degli aspetti epistemologici interni alla disciplina quali vantaggi concreti può portare?
L’esistenza di una Teoria Generale per l’Intelligence delle Fonti Aperte conduce a decisioni più informate, tendenzialmente più affidabili, a una migliore consapevolezza del proprio patrimonio informativo, a una maggiore capacità di “stare in rete” all’interno di un contesto ambientale – l’INFOSFERA – profondamente caratterizzato dalla natura informativa degli organismi – le INFORG -che ne fanno parte.
Una realtà sociale cioè profondamente riontologgizzata dalla tecnologia, in cui tanto il concetto di competizione quanto quello di mera sopravvivenza sono ormai indissolubilmente legati alla capacità di attivare e mantenere relazioni sociali e informative significative.
La Teoria Generale per l’Intelligence delle Fonti Aperte emerge dunque da un contesto in cui la necessità primaria di apertura, di disponibilità, la propensione alla accessibilità mantengono ancora saldamente il primato sulla spinta alla segretazione, all’occultamento, all’isolamento e in altre parole al “suicidio socio-informativo”.
Per queste sue particolarità e per il suo assetto originariamente interdisciplinare, la Teoria Generale sviluppa una sua propria microlingua (o linguaggio disciplinare) più specifica, approfondita e maggiormente espressiva di quella offerta dagli Intelligence Studies “convenzionali”.
Il Microglossario Interdisciplinare per l’Intelligence delle Fonti Aperte annuncia e descrive questa microlingua e approfondisce l’origine, il contenuto e l’evoluzione semantica dei propri lemmi, evidenziando da un lato i prestiti epistemologici ottenuti dalle altre discipline e dall’altro le differenze – talvolta anche significative – con il lessico convenzionale degli studi di intelligence.